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Violenze sulle donne: i dati della polizia criminale

Ricorre oggi la Giornata internazionale dei diritti della donna. Per questa occasione il Servizio analisi criminale della Direzione centrale della polizia criminale, del Dipartimento della pubblica Sicurezza ha reso pubblici i dati dei reati riconducibili alla violenza di genere nei confronti delle donne avvenuti in Italia. L’elaborato mette in luce i cosiddetti reati spia e gli omicidi volontari avvenuti tra il 2018 e il 2021. Per i reati spia, indicatori di possibile violenza di genere quali violenza fisica, sessuale, psicologica o economica, si rileva un tendenziale incremento anche se l’incidenza delle donne sul totale delle vittime si mantiene pressoché costante, attestandosi intorno al 75% per gli atti persecutori, tra l’81 e l’83% per i maltrattamenti contro familiari e conviventi e tra il 91 e il 93% per le violenze sessuali. Nel 2021 e nel 2020 in ambito familiare gli omicidi sono stati 147 con un leggero incremento delle vittime donne che raggiungono il 91% sul totale delle persone uccise dal partner o ex partner. Nell’ambito della prevenzione e del contrasto al fenomeno si sottolinea l’attività delle Forze di polizia che negli anni hanno messo in campo operatori specializzati come psicologi, medici e personale formato nell’avvicinamento delle vittime di reato. Inoltre, sono state realizzate campagne informative mirate a rimuovere quegli ostacoli socio-culturali che impediscono un approccio più sereno alla risoluzione di problemi. Incisivo, a tutela delle vittime, l’utilizzo dell’applicazione mobile interforze chiamata “Scudo” che prevede, in occasione di interventi effettuati per episodi di violenza o minaccia, l’inserimento dei dati relativi alle persone coinvolte, presunto autore, vittima, testimone della relazione vittima-autore, tipo di violenza e al possesso di eventuali armi. Tutti elementi utili, non solo per l’analisi del fenomeno, ma necessari per adeguare eventuali successivi interventi operativi delle Forze dell’ordine. L’incremento dei reati spia può, in parte, essere interpretato come una maggior consapevolezza e di fatto una maggiore propensione alla denuncia da parte delle vittime e dei testimoni che gravitano intorno a “rapporti” disfunzionali. Attraverso la presa di coscienza del fenomeno e degli strumenti idonei per combatterlo si può diminuire lo squilibrio che talvolta ancora contraddistingue il rapporto tra uomini e donne e che alimenta la disparità di genere. leggi tutto

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Reati del Codice rosso

L’Italia non ha una previsione penale specifica che disciplina la violenza di genere. La normativa punisce i reati di violenza sessuale, stalking o atti persecutori, la violenza domestica. Con la legge del “codice rosso” sono state inasprite le pene di diversi reati e sono state introdotte 4 nuove fattispecie di reato: la diffusione illecita di immagini, o video sessualmente espliciti (revenge porn); la deformazione dell’aspetto della persona mediante lesioni permanenti; la costrizione o induzione al matrimonio; la violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa.
Un reato di violenza di genere che non ha una specifica disciplina normativa, ma che nell’accezione comune è riconosciuto come l’estrema manifestazione della violenza contro le donne è il “femminicidio”.  

Per approfondimenti  Brochure questo non è amore 2021 Report statistici sito ministero dell’Interno  

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Protocollo Zeus

Quando il questore emette un ammonimento, sia nel caso di atti persecutori che di violenza domestica, informa la persona ammonita della possibilità di sottoporsi ad un programma di prevenzione organizzato dai servizi del territorio. Anche la vittima viene informata della disponibilità di centri e servizi che possano fornirle supporto. Le questure si sono attivate per favorire la “presa in carico” della persona ammonita, attraverso accordi con i centri specializzati. Sono 36 le questure che hanno già firmato, rinnovato precedenti accordi o predisposto bozze di accordo, sul modello del c.d. Protocollo Zeus. Tra le questure che hanno avviato il Protocollo già da qualche tempo, è stata effettuata una verifica dei risultati ottenuti, che ne conferma la validità, a dimostrazione che l’attenzione e gli interventi preventivi rivolti all’autore di violenza sono complementari a quelli effettuati a sostegno delle vittime. Per diffondere la buona pratica, la Direzione centrale anticrimine della Polizia di Stato partecipa come stakeholder al Progetto europeo ENABLE – Early Network-based Action against abusive Behaviours to Leverage victim’s Emporwerment, coordinato dal Centro italiano per la promozione e la mediazione (Cipm) di Milano, avviato nel gennaio 2021 e che terminerà nel gennaio 2023.   Approfondimenti La Divisione anticrimine della questura di Milano, nel 2018, ha sottoscritto con il Centro italiano per la promozione e la mediazione (Cipm), il Protocollo Zeus, un’intesa in materia di atti persecutori e maltrattamenti che ha lo scopo di intercettare le condotte a rischio. Il nome del progetto evoca il “primo maltrattante (noto) della storia”, la cui modalità di dominio e verticalismo nelle relazioni costituisce un monito da cogliere: perché gli Zeus in erba non si trasformino in despoti è necessario troncare sul nascere il loro agire inadeguato e violento. Il trattamento è volto al miglioramento della gestione delle emozioni, nella convinzione che intervenire all’inizio della spirale della violenza è determinante per prevenire la degenerazione dei primi atti, affinché colui che li ha commessi possa “fermarsi prima”. Il protocollo prevede una sinergia particolare tra operatori della questura e del Cipm coinvolti nell’intervento di prevenzione. Il questore, ammonita la persona, la “invita formalmente” a prendere contatto con gli operatori del Cipm per accedere ad un percorso – gratuito – di riflessione sulle sue condotte moleste, per esempio sulla difficoltà nel controllo della rabbia. Altri simili accordi, sul modello del Protocollo Zeus, sono stati sottoscritti da altre questure, per esempio, con il Cam, Centro di ascolto maltrattanti, Onlus che, tra le altre cose, fornisce anche consulenza telefonica gratuita, riservata e confidenziale, per dare agli uomini informazioni e riferimenti per aiutarli a fare qualcosa per fermare il loro comportamento violento. Molti altri i centri che offrono gratuitamente percorsi terapeutici per aiutare gli autori dei maltrattamenti ad acquisire la consapevolezza di tenere condotte violente e a gestire i propri impulsi.   English version
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Le vittime vulnerabili

La Direttiva 2012/29/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 25 ottobre 2012, che istituisce norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato, costituisce una vera e propria “Carta dei diritti delle vittime”. Nelle considerazioni preliminari della Direttiva  che “Per violenza di genere s’intende la violenza diretta contro una persona a causa del suo genere, della sua identità di genere o della sua espressione di genere o che colpisce in modo sproporzionato le persone di un particolare genere”. Con il Decreto Legislativo n. 212/2015 l’Italia ha ratificato la Direttiva, delineando un nuovo statuto per la vittima del reato. Il nuovo articolo 90-bis del codice di procedura penale dispone che alla persona offesa, sin dal primo contatto con l’autorità procedente, vengano fornite, in una lingua comprensibile, informazioni relative alle modalità di presentazione delle denunce o querele, alla facoltà di ricevere indicazioni sullo stato del procedimento e sulle possibilità di definizione dello stesso, alla facoltà di accedere al patrocinio a spese dello Stato, alle misure di protezione che possono essere disposte in suo favore, alle modalità di rimborso delle spese sostenute, all’esistenza sul territorio di strutture sanitarie, case famiglia, centri antiviolenza, case rifugio, ed altro. Al fine di assicurare la sicurezza della persona offesa, è stato disposto, con il neo articolo 90-ter del codice di procedura penale, che nei procedimenti relativi a delitti commessi con violenza alle persone, sia data immediata comunicazione – se la persona ne abbia fatto richiesta – dei provvedimenti di scarcerazione o cessazione di misura di sicurezza detentiva ovvero dell’evasione dell’imputato o del condannato nonché della sottrazione dell’internato  all’esecuzione di misura di sicurezza detentiva. Laddove la persona offesa sia di nazionalità straniera, il nuovo articolo 143-bis del codice di procedura penale stabilisce il diritto alla nomina di un interprete e alla traduzione di atti. Anche nella fase di proposizione della denuncia-querela la parte “ha diritto di utilizzare una lingua a lei conosciuta”, secondo l’art. 107-ter delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale. Con il nuovo articolo 90-quater del codice di procedura penale sono stati introdotti parametri per verificare la “condizione di particolare vulnerabilità della persona offesa”, dalla quale discendono i meccanismi di tutela previsti all’interno del processo, così ottemperando alle indicazioni della Direttiva europea. La condizione di vulnerabilità è desunta, secondo l’articolo 90-quater “oltre che dall’età e dallo stato di infermità o deficienza psichica, dal tipo di reato, dalle modalità e circostanze del fatto per cui si procede”. Inoltre, occorre valutare “se il fatto risulta commesso con violenza alla persona o con odio razziale, se è riconducibile ad ambiti di criminalità organizzata o di terrorismo, anche internazionale, alla tratta di esseri umani, se si caratterizza per finalità di discriminazione e se la persona offesa è affettivamente, psicologicamente o economicamente dipendente dall’autore del reato”. In presenza di persona offesa in condizioni di particolare vulnerabilità verranno adottate, conseguentemente, le specifiche misure previste dal Codice. leggi tutto

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Le mutilazioni genitali femminili

Nel 1996 l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha fornito una definizione di mutilazioni genitali femminili, intendendo con questa espressione “tutte le pratiche che comportano la rimozione parziale o totale dei genitali esterni femminili o altri danni agli organi genitali femminili, compiuti per motivazioni culturali o altre motivazioni non terapeutiche”. Con l’espressione “mutilazioni genitali femminili” (Mgf) si fa quindi riferimento a tutte le pratiche “chirurgiche” che comportano forme di rimozione, parziale o totale, dei genitali femminili esterni o loro gravi lesioni, effettuate per ragioni culturali o altre, comunque non terapeutiche. I termini infibulazione ed escissione, poco conosciuti in Italia fino a qualche anno fa, sono divenuti argomento dibattuto sia in ambito politico che sociale. Tali pratiche costituiscono per le donne, anche di età giovanissima, una grave sofferenza che trova radici nelle diverse culture, tuttavia inconciliabili con il nostro comune sentire. Secondo i dati dell’Oms più di 200 milioni di ragazze e donne sono state sottoposte alla pratica nelle regioni occidentali, orientali e nordorientali dell’Africa e in alcuni Paesi del Medio Oriente e dell’Asia, ed oltre 3 milioni di ragazze sono a rischio di Mgf ogni anno. Nel considerarle, pertanto, una grave violazione dei diritti, già diversi Paesi si sono confrontati con tale realtà emanando leggi ad hoc o modificando quelle esistenti. Il problema è stato sollevato, per la prima volta in ambito internazionale, dalla Commissione sui diritti umani delle Nazione unite nel 1952, mentre nel 1984 l’Onu creò un “Comitato interafricano contro le pratiche tradizionali pregiudizievoli per la salute delle donne e delle bambine” (Iac), con sede a Dakar (Senegal). Dai primi anni ’90, le Mgf vengono riconosciute dalla comunità internazionale come una grave violazione dei diritti delle donne e delle bambine. L’Onu, nel 2012, ha dichiarato il 6 febbraio Giornata internazionale della tolleranza zero contro le Mgf, in seguito al discorso tenuto dalla first lady della Repubblica Federale di Nigeria, Stella Obasanjo, alla conferenza del Comitato interafricano sulle pratiche tradizionali che inficiano la salute delle donne e dei bambini (Iac), in cui ha condannato ufficialmente le Mgf e ha parlato di tolleranza zero verso tali pratiche. Anche nel nostro Paese è sorta l’esigenza di affrontare, da un punto di vista normativo, il problema delle Mgf. La Legge 9 gennaio 2006, n.7 recante “Disposizioni concernenti la prevenzione e il divieto delle pratiche di mutilazione genitale femminile”, si propone di “prevenire, contrastare e reprimere le pratiche di mutilazione genitale femminile quali violazioni dei diritti fondamentali dell’integrità della persona e della salute delle donne e delle bambine” (art. 1). La Legge ha introdotto un nuovo articolo al codice penale, l’art. 583-bis, che punisce con la reclusione da 4 a 12 anni chiunque “in assenza di esigenze terapeutiche, cagiona una mutilazione degli organi genitali femminili”, ovvero pratica una “clitoridectomia”, una “escissione”, una “infibulazione” e qualsiasi altra pratica che cagioni effetti dello stesso tipo”. Il secondo comma dello stesso articolo punisce, altresì, chiunque provoca, sempre in assenza di esigenze terapeutiche, lesioni agli organi genitali femminili diverse da quelle precedentemente elencate, da cui derivi una malattia leggi tutto

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Le convenzioni internazionali

La Convenzione delle Nazioni Unite sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione contro le donne (Convention on the Elimination of All Forms of Discrimination against Women – CEDAW) del 1979, ha sviluppato una prospettiva globale contro la discriminazione femminile e dei diritti per le donne: diritto al lavoro, alla salute, all’eguaglianza di fronte alla legge, nella famiglia e nel matrimonio, nell’educazione e nell’istruzione, nella partecipazione alla vita politica. Esiste un Comitato per l’applicazione della Convenzione (Comitato CEDAW) che negli anni ha elaborato documenti di carattere interpretativo, le General Recommendations. La General Recommendation n.19 del 1992 contiene la definizione di violenza di genere: la violenza che è diretta contro le donne in quanto donne, o che colpisce le donne in modo sproporzionato. Anche l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha definito la violenza contro le donne: “ogni atto di violenza fondata sul genere che abbia come risultato, o che possa probabilmente avere come risultato, un danno o una sofferenza fisica, sessuale o psicologica per le donne, incluse le minacce di tali atti, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà, che avvenga nella vita pubblica o privata” (Dichiarazione sull’eliminazione della violenza contro le donne – DEVAW, 20 dicembre 1993). Il Consiglio d’Europa ha adottato la Convenzione sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica (Convenzione di Istanbul) l’11 maggio 2011, nell’ottica di: a) proteggere le donne da ogni forma di violenza e prevenire, perseguire ed eliminare la violenza contro le donne e la violenza domestica; b) contribuire ad eliminare ogni forma di discriminazione contro le donne e promuovere la concreta parità tra i sessi, compreso il rafforzamento dell’autonomia e dell’autodeterminazione delle donne; c) predisporre un quadro globale, politiche e misure di protezione e di assistenza a favore di tutte le vittime di violenza contro le donne e di violenza domestica; d) promuovere la cooperazione internazionale al fine di eliminare la violenza contro le donne e la violenza domestica; e) sostenere e assistere le organizzazioni e autorità incaricate dell’applicazione della legge in modo che possano collaborare efficacemente, al fine di adottare un approccio integrato per l’eliminazione della violenza contro le donne e la violenza domestica. Tre gli ambiti fondamentali su cui insiste la Convenzione: prevenzione, protezione delle vittime, punizione degli autori. Secondo la Convenzione: 1) “violenza nei confronti delle donne” indica la violazione dei diritti umani e la discriminazione contro le donne comprendente tutti gli atti di violenza fondati sul “genere” che provocano o sono suscettibili di provocare danni o sofferenze di natura fisica, sessuale, psicologica o economica, comprese le minacce di compiere tali atti, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà, sia nella vita pubblica, che nella vita privata; 2) “violenza domestica” comprende tutti gli atti di violenza fisica, sessuale, psicologica o economica che si verificano all’interno della famiglia, del nucleo familiare, tra attuali o precedenti coniugi o partner, indipendentemente dal fatto che l’autore di tali atti condivida o abbia condiviso la stessa residenza con la vittima; 3) “genere” fa riferimento a ruoli, comportamenti, leggi tutto

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L’evoluzione normativa

Gli schemi della società patriarcale non sono più presenti nelle leggi, nei codici e nella giurisprudenza, ma hanno lasciato segni profondi che, è evidente, continuano a segnare i comportamenti di molti uomini. Tanto per fare un esempio, la norma sul c.d. “matrimonio riparatore” (art. 544 c.p.) è stata abrogata solo nel 1981. Ad un problema complesso si devono dare risposte articolate che affrontino la questione secondo un approccio integrato, capace di introdurre strategie e interventi di diversa natura, non limitati all’inasprimento delle pene a carico di chi agisce con violenza. La repressione è necessaria, ma deve essere affiancata da altre misure che abbiano la capacità di prevenire la violenza o comunque di fermarla prima che si manifesti in tutta la sua brutalità.   1) Norme contro la violenza sessuale-Legge 15 febbraio 1996, n. 66 2) Misure contro la violenza nelle relazioni familiari- legge n. 154 dell’8 aprile 2001 3) Atti persecutori e violenza sessuale- legge 23 aprile 2009, n.38 4) Tutela degli orfani a causa di crimini domestici- legge 11 gennaio 2018, n.4 5) Tutela delle vittime di violenza domestica e di genere-Codice Rosso legge 9 luglio 2019 nr.69 leggi tutto

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L’ammonimento del Questore

L’ammonimento del Questore È una misura di prevenzione esclusiva del Questore che nasce con lo scopo di garantire alla vittima di atti persecutori, violenza domestica, cyberbullismo, una tutela rapida ed anticipata rispetto alla definizione del procedimento penale.
In pratica, l’ammonimento consiste nell’avvertimento, rivolto dal Questore alla persona, di astenersi dal commettere ulteriori atti di molestia o violenza. Contestualmente, l’ammonimento consente al Questore di adottare misure di ritiro di armi. Ammonimento del Questore per stalking Può essere richiesto con istanza della vittima di atti persecutori nel caso in cui non sia stata già sporta querela per gli stessi reati. Ricordati che non è un procedimento penale.
Contatta un ufficio di polizia ed esponi i fatti. Devi esporre in modo dettagliato tutti gli episodi di cui sei stata vittima: lesioni, percosse, telefonate, appostamenti, messaggi ecc., espressioni di un chiaro intento persecutorio. Non hai bisogno di un avvocato.
Le informazioni da te fornite vengono valutate in breve tempo ed la persona nei cui confronti hai chiesto l’ammonimento, verrà invitata a tenere una condotta conforme alla legge.
A seguito dell’ammonimento, qualora gli atteggiamenti persecutori non dovessero cessare, si procede d’ufficio.
Quali sono dunque i vantaggi dell’ammonimento? – Procedibilità d’ufficio in caso di reiterazione della condotta di atti persecutori – Tempestività nell’ammonire l’autore.
Approfondimenti Gli atti persecutori solitamente si sostanziano in pedinamenti, molestie telefoniche, appostamenti sotto casa e sul luogo di lavoro, minacce, danneggiamenti all’auto e/o altre proprietà della vittima. Sono frequenti soprattutto al termine di una relazione sentimentale e, talvolta, anche dopo la separazione.
L’ammonimento per atti persecutori consente di intervenire in maniera rapida e con gradualità ed è alternativo alla querela.
L’istanza di ammonimento può essere presentata in un qualsiasi ufficio di polizia.
La vittima deve esporre i fatti alle autorità e avanzare richiesta al Questore nei confronti dell’autore delle condotte persecutorie. Il Questore assumerà le necessarie informazioni – eventualmente anche convocando il presunto stalker e le persone informate dei fatti – per poi decidere il rigetto o l’accoglimento dell’istanza. Sarà quindi emesso l’ammonimento e l’autore verrà diffidato a non proseguire nelle condotte. Ammonimento del Questore per violenza domestica Può essere richiesto con istanza della vittima o di iniziariva del Questore. Ricordati che non è un procedimento penale. Contatta un ufficio di polizia ed esponi i fatti. Se contatti un ufficio di polizia, devi esporre in modo dettagliato tutti gli episodi di cui sei stata vittima: lesioni, percosse, ecc. Non hai bisogno di un avvocato. Le informazioni da te fornite vengono valutate in breve tempo e la persona nei cui confronti hai chiesto l’ammonimento, verrà invitata a tenere una condotta conforme alla legge. Quali sono dunque i vantaggi dell’ammonimento? – Anonimato – Tempestività nell’ammonire l’autore
Approfondimenti I presupposti per l’applicazione dell’ammonimento per condotte di violenza domestica ex art. 3 D.L. 93/13 sono: fatti che debbano ritenersi riconducibili ai reati di percosse (art. 581 c.p.) o di lesione personale lieve (art. 582 comma 2 c.p.) consumati o tentati, commessi nell’ambito della violenza domestica. Del concetto di violenza domestica è la stessa leggi tutto

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Giornata dei diritti della donna: il contributo della Polizia di Stato

Si celebra oggi la giornata internazionale dei diritti della donna; il tema 2022 di questa ricorrenza è “Le donne in un mondo del lavoro in evoluzione: verso un pianeta 50-50 nel 2030”. Lo spirito è quello di sviluppare l’uguaglianza di genere, l’empowerment femminile, l’accesso globale alla formazione e all’apprendimento continuo. Nella Polizia di Stato le donne sono presenti da oltre 60 anni. Il loro ingresso risale al 1959 quando furono chiamate per contrastare, con maggiore sensibilità, il fenomeno della prostituzione. A partire dal 1981, le donne, nella Polizia di Stato, hanno ottenuto la parità di trattamento sotto ogni punto di vista. Tale parità si rispecchia anche nell’accesso ai ruoli e agli incarichi e nella progressione di carriera delle oltre 15 mila poliziotte. Conquiste che appaiono oggi scontate ma che hanno visto La Polizia di Stato capofila tra le Forze armate e di polizia, nel favorire tale epocale cambiamento. Le poliziotte, oggi più che mai, rappresentano il valore aggiunto nell’ambito dell’approccio alle donne che subiscono violenza. Con sensibilità ed innato senso di protezione aiutano le vittime a trovare il coraggio per denunciare evitando forme di vittimizzazione secondaria. È questa la direttrice su cui da tempo si muove la Polizia di Stato portando avanti campagne di prevenzione anche con il coinvolgimento delle scuole e delle nuove generazioni  “….Questo non è amore” Sulle strade da tanti anni ormai i nostri camper stazionano nelle piazze e nei luoghi maggiormente frequentati al fine di dare informazioni contributi e assistenza alle donne vittime di violenza o che sono a conoscenza di soprusi e maltrattamenti causati dall’appartenenza al genere femminile. La campagna “…Questo non è amore” mira a sviluppare maggior consapevolezza in tutta la cittadinanza ed in particolare nelle donne sul pericolo di certi comportamenti che spesso vengono anche tollerati; le equipe di investigatori, psicologi e membri di associazioni che tutelano le donne forniscono notizie, sostegno e aiuto a chi decide di sottrarsi ad un mondo di brutalità che spesso coinvolge anche bambini. La presenza del camper è un modo per accorciare le distanze con le cittadine e favorire l’emersione, attraverso la denuncia di ogni forma di maltrattamento. Le stanze di ascolto In tantissime questure sono state realizzate delle stanze di ascolto, in collaborazione con le organizzazioni di volontariato femminile, che sono create per fornire le condizioni migliori per un dialogo con la persona maltrattata affinché questa possa entrare in empatia e denunciare; un percorso difficile e a volte doloroso, di “liberazione” che esclude il ripetersi delle violenze o la vittimizzazione secondaria con la svalutazione delle violenze subite. Le squadre mobili e le divisioni anticrimine Tutte le squadre mobili ormai dispongono di sezioni specializzate nella repressione di reati che hanno alla base una discriminazione di genere con personale qualificato e formato per affrontare denunce che richiedono sensibilità, disponibilità all’ascolto e una preparazione multidisciplinare. Le divisioni anticrimine istruiscono e applicano le misure di prevenzione del questore. Youpol I dati ci dicono che negli ultimi due anni, complici anche le restrizioni pandemiche, le violenze nelle mura domestiche sono aumentate leggi tutto

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Le iniziative della Polizia di Stato

Il Dipartimento della pubblica sicurezza ha messo in campo, negli anni, interventi a 360° contro la violenza di genere, dedicando una speciale attenzione alle vittime in condizioni di particolare vulnerabilità. Sono stati istituiti Uffici specialistici che si occupano di prevenzione e contrasto del fenomeno, di formazione multidisciplinare degli operatori, di collaborazione con altre istituzioni ed organizzazioni, di empowerment delle donne, attraverso campagne di informazione e sensibilizzazione. Dal 1996, esistono gli Uffici minori delle Divisioni anticrimine delle questure, che hanno essenzialmente funzioni preventive e, come indicato nella circolare istitutiva, di “Pronto soccorso” per le famiglie in difficoltà, svolgendo funzioni di raccordo con gli enti operanti sul territorio. Dal 1998, inoltre, all’interno della Squadra mobile di ogni questura, c’è una “Sezione specializzata” competente per le indagini sui casi di violenza domestica e di genere e violenza sessuale, che collabora con le associazioni che offrono il necessario supporto – logistico, legale, psicologico – alla vittima, in caso di interventi di polizia. A livello centrale, è la Direzione centrale anticrimine della Polizia di Stato (Dac) che ha il compito di sovrintendere al coordinamento delle attività di prevenzione e contrasto del fenomeno attuate dalle questure. Tra gli interventi sviluppati negli anni, fondamentale la prevenzione dei fattori di vittimizzazione secondaria, sia attraverso la formazione degli operatori che mediante la realizzazione di luoghi adatti all’ascolto. Le stanze di ascolto protetto sono disponibili in 67 questure, e vengono allestite anche in collaborazione con associazioni private, come l’Associazione “Soroptimist International”.   La Polizia di Stato è anche impegnata a diffondere una cultura “di genere”, attraverso campagne di informazione e sensibilizzazione, sviluppate anche nelle scuole. La campagna “…Questo non è amore”, avviata nel 2016, ha lo scopo di informare e aiutare l’emersione delle situazioni di violenza, grazie ad un approccio attento e proattivo verso l’utente, offrendo alle vittime il contatto con personale specializzato. Nel luglio 2021 la Dac ha avviato la nuova Campagna #SicurezzaVera, in collaborazione con la FIPE- Confcommercio ed il Gruppo Donne Imprenditrici di FIPE- Confcommercio, per raggiungere in maniera sempre più capillare le donne, attraverso incontri, convegni formativi e divulgativi, iniziative di sensibilizzazione. Durante il periodo di restrizioni alla circolazione dovuto all’emergenza COVID, la Polizia di Stato ha approfondito lo studio di strumenti di segnalazione che – ricordiamolo – non vanno mai a sostituire i tradizionali, irrinunciabili, numeri di emergenza – 112 NUE o 113. L’app YOUPOL è l’applicazione della Polizia di Stato che consente di inviare, anche in forma anonima, direttamente alle Sale operative competenti per territorio, segnalazioni di violenza domestica, bullismo, spaccio di droga.   Per approfondimenti https://www.interno.gov.it/it https://www.pariopportunita.gov.it/ https://famiglia.governo.it/it/ https://www.giustizia.it/giustizia/ https://www.1522.eu/ https://pangeaonlus.org/ https://www.direcontrolaviolenza.it/ https://www.telefonorosa.it/ https://www.cipm.it/ https://azzurro.it/   English version Version française

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